Soprattutto quando si parla di ritardo nella gestione delle infrastrutture e di sistema sanitario. Vento di cambiamenti lungo l’asse Chieti-Pescara in casa degli industriali. Il ricambio dei gruppi dirigenti, completato nelle scorse settimane con il rinnovo dei vertici delle associazioni provinciali, ha portato al vertice gli esponenti di una nouvelle vague imprenditoriale che aveva già dato buona prova di sé al timone degli industriali jr. Enrico Marramiero a Pescara e Paolo Primavera a Chieti sono già al lavoro per dare corpo e sostanza al progetto che li ha portati nella cabina di comando dei rispettivi organismi: procedere a passo spedito lungo la strada di una crescente unificazione delle due strutture, per dar vita a una rete di servizi che in poco tempo dovrebbe mettere a disposizione degli associati, pescaresi o chietini che siano, un ventaglio di strumenti condivisi. A sentirli, la novità vera del rispettivo mandato è questa, quella anagrafica –che pure all’esterno rappresenta un argomento ghiotto– può passare in secondo piano.
E pazienza se altrove il cursus honorum si scali magari un po’prima. Così fiorisce qualche aneddoto, come quello che ricorda Enrico Marramiero: «Quando varcai per la prima volta la soglia dell’Unione degli industriali, a Pescara, avevo 23 anni, ma era un’epoca in cui ai 50enni si dava dei “ragazzi”… Credo che il dato anagrafico in sé e per sé non sia determinante, contano squadra e progetti. Per questo sono contento di aver trovato Paolo (Primavera, ndr) alla presidenza di Chieti: in questo caso la coincidenza anagrafica aiuta». L’anagrafe, tuttavia, a Chieti è stata anche ragione di scontro di linee, come spiega il neo presidente: «Da noi forse era più radicato il peso di una vecchia generazione di imprenditori. Modi diversi di pensare la nostra missione, a prescindere dall’età: il problema era innovare o continuare,è prevalsa la prima tesi». Il rinnovamento, insomma, non è solo questione da ufficio anagrafe. Perché il problema vero è innovare. Così, la struttura organizzativa delle due Confindustrie provinciali diventa il primo terreno su cui sperimentare nuove formule, in quella che si annuncia come una vera rivoluzione anche a livello regionale: superare i confini geografici, arrivare a una fusione dei due nuclei, pur mantenendo distinti organismi e sedi. Dice Marramiero: «L’integrazione Chieti-Pescara è evidente, con appena 15 chilometri che dividono due sedi, problemi condivisi per la gestione di infrastrutture come i porti di Ortona e Pescara, l’aeroporto, l’interporto. E problemi da affrontare a livello territoriale, come i consorzi industriali». Il superamento delle logiche di campanile può trasformarsi in un modello. Gli industriali sono pronti a farsene scudo anche nel confronto con la politica che, al contrario, pare sempre più rissosa e campanilista: un tema, quest’ultimo, che Paolo Primavera declina senza incertezze, pure a costo di usare parole forti. «Qui prosperano i campanili. Crescono “cricche” politiche. Ci sono assessori regionali che fanno politica in base a un principio di spartizione del territorio. Si tratta di visioni che non condividiamo: la nostra politica muove verso strategie regionali e non localistiche. Purtroppo i vertici della politica regionale danno questa sensazione» accusa. Il caso della sanità diventa esemplare dei nuovi messaggi che lungo l’asse Chieti-Pescara arriveranno alla politica regionale,di centrodestra o centrosinistra che sia: «La spesa sanitaria assorbe il 90% della spesa regionale. Il discorso sanità ci sta a cuore perché questo è un territorio che non investe più su nulla. Se non si torna a investire una parte delle proprie entrate, questa è una regione che andrà a morire. Sin qui è stato argomento sottovalutato, ma ora non si può più perché le aziende pagano addizionali sulle tasse, che le mettono fuori mercato rispetto ai concorrenti di altre regioni. Vogliamo sapere dove finiscono i nostri soldi, se i sacrifici sono finalizzati al risanamento, se davvero occorrono, se sono usati per ripianare il deficit. Se è vero che parte dei fondi Fas finisce per tappare il buco della sanità, si tratta dell’errore peggiore che la politica regionale possa fare, ovvero dirottare soldi dello sviluppo per coprire buchi» mette in chiaro il presidente degli industriali teatini. Sprechi e sperperi si possono ridurre, nella gestione del sistema sanitario, a condizione che si cambi registro: «Il timore è che i nuovi indirizzi servano a tutelare alcune caste, anziché capire dove sono gli sprechi. Se due Confindustrie possono stare a 15 chilometri di distanza ponendosi un problema di semplificare ed eliminare sprechi, perché non ci possono stare anche due ospedali clinicizzati, che invece hanno spesso doppioni e “triploni”? Magari creando una sola Asl Chieti-Pescara in grado di offrire poli di qualità sul territorio in ambito metropolitano». (leggi il servizio completo su Vario n.73)