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Le belle parole

Molti dei grandi della Terra, durante il G8, si sono detti disponibili a investire risorse
per la ricostruzione dei monumenti aquilani.
A un anno dal sisma, tante parole ma ancora pochi fatti

Il popolo delle carriole durante una manifestazione di protesta

di Patrizia Pennella foto Lorenzo Nardis

 

«God bless L’Aquila». E chi se lo dimentica più
 Barack Obama, descamisado, passo elastico e 
sorriso garbato, sotto il sole affilato di luglio. In
 piazza Duomo, tra polvere, rovine, volontari stanchi e sudati.
 L’uomo più potente della terra testimone dell’esito di una
 guerra feroce, ingaggiata dalla natura contro l’uomo e la storia.


Inutile, oggi, ricordare chi ha vinto. «God bless L’Aquila»,
 il saluto, l’addio: un pezzetto di speranza se ne è andato via
 così, con tre parole che fanno una benedizione. Per un matrimonio 
di convenienza finito ancor prima di nascere. L’ottimismo,
 qualche mese fa, chiamò «lista di nozze» un sos lanciato
 al mondo: quello per la ricostruzione di quarantaquattro 
monumenti sfigurati dal terremoto. I più belli, i più importanti,
 pezzi irripetibili del passato, che richiedono mani esperte
 e cure costose. L’operazione fu promossa attraverso mostre e
pubblicazioni di qualità elevata: le immagini della passione di
 una città da salvare.

A parole sembrava cosa fatta: ma quando,
 complice il G8, i potenti sono entrati nel supermarket delle
 macerie e hanno guardato i cartellini del prezzo, molte mani
 sono tornate in tasca e ne sono uscite solo per una stretta 
di saluto. Oltre alle benedizioni e alle parole di circostanza,
 dall’operazione «grandi della terra» all’Aquila è arrivato ben
 poco: si sta chiudendo l’accordo con la Francia che parteciperà
 con tre milioni e duecentomila euro –una quota di poco
 inferiore al cinquanta per cento del necessario– al restauro 
della chiesa delle Anime Sante. La bella cupola dell’edificio,
 pesantemente danneggiata, porta la firma di Valadier. L’intesa
 tra gli stati prevede non solo una partecipazione alle spese, 
ma anche una collaborazione tecnica e una gara europea 
per l’affidamento dell’appalto. Un canovaccio che si intendeva 
applicare ad ogni forma di partecipazione, proprio
 per garantire la migliore specializzazione in restauri che si prevedono non solo complessi, ma anche costosissimi. Una
 prima stima, ristretta, dei fondi necessari per la ristrutturazione
 del patrimonio storico parla di tre miliardi e mezzo di euro,
 ma non comprende quei piccoli palazzi gioiello del centro, di
 proprietà privata ma sottoposti a vincolo, che costituiscono il
 cuore nascosto di una città splendida. Edifici di valore inestimabile.
 La solidarietà impressionante di privati e aziende ha 
consentito in questi mesi di tamponare le emergenze, ma la
 strada per la ricostruzione è ancora ben lontana dall’essere
 aperta, sia per il patrimonio artistico che per quello civile. Un
 primo bilancio effettuato a fine 2009 parla di 53 milioni di
 euro diretti alla Protezione Civile: 18 milioni di euro sono stati
 versati dai gestori di telefonia fissa e mobile e 25 milioni di
 euro provengono dai conti correnti attivati dal Dipartimento
 della Protezione Civile. Hanno contribuito a raggiungere questa
 cifra anche la campagna di solidarietà “Un aiuto subito” 
del Corriere della Sera e la trasmissione televisiva “Porta a
 Porta” che, da sola, ha raccolto più di 3 milioni di euro. Grande
 l’impegno delle Regioni italiane: la Provincia autonoma di
 Trento, oltre alle casette in legno donate a numerosi centri
 dell’Aquilano, si è impegnata per il restauro dell’Oratorio di 
San Filippo, ora centro stabile di Teatro Ragazzi; la Regione
 Veneto si prenderà cura della chiesa di San Marco, la Camera
 dei Deputati di Palazzetto dei Nobili. Ma il grande impegno
 internazionale, quello, non è mai arrivato: troppo cara, per
 Zapatero, la «terapia» da praticare sul Forte spagnolo: dopo la
 promessa e una parziale marcia indietro, il governo di Madrid 
è scomparso del tutto. Non è stato così per il ben più piccolo
 Kazakhistan, primo e finora unico stato a mantenere la linea
 della solidarietà: ha già versato il milione e 700mila euro
 promesso per il ripristino della Chiesa di San Biagio in Amiternum.
 Fedele anche la Germania che oltre ad aver destinato 3 milioni di euro al restauro della chiesa di San Pietro di Onna,
 proprio ad un’ora e un anno di distanza dalla scossa, alle
 4,32 del 6 aprile, ha voluto inaugurare casa Onna. C’è anche
 la Russia con sette milioni di euro per Palazzo Ardinghelli 
e la Chiesa di San Gregorio Magno: l’impegno deve essere
 ancora formalizzato in un atto. Dall’Australia, invece, non si
 sono più avute notizie. Il Giappone, dopo qualche polemica
 legata alle realizzazioni infrastrutturali, ha deciso di regalare 
un auditorium, di cui curerà anche la progettazione per non
 imbarcarsi in complesse operazioni di restauro. Il resto è in
 mano alla professionalità, alla generosità e alle capacità degli
 italiani. Anche di quelli all’estero, che, contrariamente agli
 Stati, non hanno fatto mancare la loro solidarietà. Tra stati 
esteri, pubblico e privato sono dodici i monumenti della lista
 adottati in tutto o, più frequentemente, soltanto in parte. In 
più hanno “trovato famiglia” anche quattro strutture fuori
 elenco. Fino ad ora tra Protezione civile e Ministero dei Beni
 Culturali sono arrivati alla Sovrintendenza ai Beni Artistici
 dell’Aquila ventidue milioni di euro, già tutti impegnati e largamente
 insufficienti, per la semplice messa in sicurezza dei
 monumenti più importanti. In generale, fino a questi primi
 mesi dell’anno sono stati quasi 200 gli interventi realizzati dai
 Vigili del Fuoco, con il coordinamento del Vicecommissario 
per la salvaguardia dei beni culturali, sulle chiese e i palazzi
 storici lesionati dal terremoto per stabilizzare gli edifici e
 ridurre il rischio di ulteriori crolli e danneggiamenti. Le opere
 artistiche recuperate sono state 4600. Sono stati oltre 1700 i
 rilievi sull’intero patrimonio monumentale (oltre l’80%), con
 le verifiche dei danni su quasi 1000 chiese e oltre 600 palazzi.
 Complessivamente, solo il 24% degli edifici è risultato agibile.
 Servono altri fondi per la messa in sicurezza, che è ancora
 lontana dall’essere completata, e sono stati già richiesti al
 Commissario per la ricostruzione Gianni Chiodi. Il vice commissario
 della Protezione Civile per i Beni culturali dell’Aquila
 e dell’Abruzzo, Luciano Marchetti, fa anche qualche conto
 in più: «Per il recupero dei beni culturali la stima che è stata
 fatta dalle schedature è di 3 miliardi e mezzo di euro; per il 
patrimonio complessivo, credo che il Comune dell’Aquila
 abbia fatto una stima sull’ordine dei 10 miliardi di euro. Non
 sono cifre piccole, è ovvio –ha aggiunto– ma come ho detto
 più volte, non è che servano domani. Servono nei prossimi
 anni con una frequenza e con una certezza. E cioè la cosa
 importante non è tanto avere i soldi subito, ma avere la certezza
di una continuità nel tempo dei finanziamenti per poter
 programmare». Marchetti è uomo d’esperienza e ha fatto una
 stima anche delle difficoltà. Ex direttore generale dei Beni
 Culturali nel Lazio, ha lavorato alla ricostruzione in occasione
 dei terremoti di Friuli ed Umbria, e sa che quella dell’Aquila
è un’altra storia: «Un’emergenza –dice– che non si è mai 
affrontata». Dovevano averlo capito anche i grandi della terra,
anche le loro signore, che si son fatte fotografare con lo sfondo
 delle rovine: invece oggi, dal conto del buon cuore e delle 
promesse, manca qualcosa come ottanta milioni di euro. Per il
 mondo, scosso da altre tragedie, L’Aquila ha lo spessore di un
 ricordo: il G8 ha smantellato da un pezzo e i monumenti da 
adottare sono lì, figli di nessuno; la città da salvare può solo
 raccogliere forze proprie e qualche sensibilità di uomini che 
non si stancano. Per il resto «God bless L’Aquila»: guardare in 
alto resta l’unico modo per sperare. Anche se già una volta il 
cielo si è capovolto senza pietà.

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