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La banca bella

Gruppo bancario Tercas
La crisi, il ruolo delle banche, la politica della Tercas in questa intervista con Lino Nisii, Presidente del maggior istituto di credito regionale

È senza alcun dubbio tra i massimi e più autorevoli protagonisti della scena politica, professionale ed economica dell’Abruzzo negli ultimi quarant’anni. Da sempre su posizioni politiche moderate con una decisa venatura progressista, celebre avvocato ferratissimo nelle questioni economiche, da trent’anni l’impegno pubblico di Lino Nisii si esprime e si realizza nel ruolo chiave di Presidente della Cassa di Risparmio di Teramo, e oggi –dopo la fusione con Banca Caripe– del Gruppo bancario Tercas, il maggiore istituto di credito regionale con sedi in tutta Italia. Gli abbiamo posto alcune domande.

Lino Nisii, presidente del Gruppo bancario TercasLa Cassa di Risparmio della provincia di Teramo fu fondata nel 1939. Uscito dalla terribile crisi del 1929 il mondo stava per entrare nell’ancor più terribile catastrofe della seconda guerra mondiale. Tra le cause di fondo del conflitto, alcuni storici includono i guasti economici e sociali prodotti dal crack finanziario americano del ’29. Oggi, il timore è che i durissimi provvedimenti chiesti dall’UE e adottati in alcuni Paesi europei, come Italia e Grecia, per risanare i conti pubblici e far ripartire la crescita economica, possano provocare una vera e propria “guerra sociale” dalle inquietanti prospettive all’interno dei singoli Paesi interessati. Lei considera fondate o troppo pessimistiche le analogie e i rischi ipotizzati?

«La depressione del ‘29 ebbe inizio con una crisi finanziaria simile a quella che abbiamo vissuto negli ultimi anni. Allora, tuttavia, la rigida applicazione di politiche economiche e monetarie di stampo classico contribuì ad aggravare la situazione causando nelle economie occidentali una contrazione del prodotto superiore al 10% ed il prevalere di tassi di disoccupazione anche superiori al 20%. Finora i costi economici e sociali della crisi sono stati, anche se notevoli, molto inferiori a quelli del ‘29 grazie all’applicazione di politiche fiscali e monetarie anticicliche e più efficaci. Dalla dolorosa esperienza della Grande Depressione è maturato il pensiero economico moderno, da Keynes ai neomonetaristi, che riconosce più compiutamente il valore delle aspettative e della psicologia umana a scapito dell’applicazione di regole rigidamente deterministiche. Il processo di stabilizzazione e di riequilibrio dell’economia globale è iniziato, agevolato dalla spinta dei Paesi emergenti. Anche il nostro Paese sta dimostrando un alto, e per certi versi inatteso, grado di consapevolezza riguardo alle sfide che lo attendono. Nel complesso credo che stavolta ce la caveremo meglio».

Le banche, di questi tempi, non godono di grande favore popolare. Negli USA la responsabilità del sistema bancario nella crisi esplosa tre anni fa è stata evidente. In Italia i nostri istituti finanziari si sono dimostrati solidi e affidabili. Lei pensa che abbia un qualche merito, nella tenuta del sistema bancario italiano, l’esistenza di una rete diffusa di banche locali di rispettabile ma non grande entità? Oppure, al contrario, lei pensa che le “piccole” banche debbano raggrupparsi, come hanno fatto Tercas e Caripe, per dare vita ad organismi di maggiore entità e competitività?

«A dire il vero le Banche non hanno mai riscosso grandi simpatie da parte dell’opinione pubblica. Si stenta a comprendere il ruolo dell’intermediazione del credito, che non è l’esercizio arbitrario di un potere monopolistico nei confronti degli operatori economici, ma la prudente allocazione delle risorse finanziarie raccolte dai risparmiatori verso le iniziative imprenditoriali ritenute più meritevoli. Tutto ciò in un mercato sempre più competitivo. Questo ruolo, comune a tutte le banche, ha assunto un carattere peculiare negli Usa, dove vi era il problema dell’elevato indebitamento privato che ha causato instabilità nel sistema creditizio. In Italia l’instabilità è stata generata dall’elevato livello di debito pubblico, essendo il debito privato più contenuto. La migliore tenuta del sistema bancario italiano lo attribuisco, pertanto, alla sua differente struttura. Struttura che, con la sua capillarità, ha contribuito a contenere l’emotività dei risparmiatori ed a rimanere vicino agli imprenditori locali. Credo, in questo contesto, che il Gruppo Tercas abbia ora le dimensioni ottimali per svolgere in maniera efficace ed efficiente il suo ruolo di banca».

Il Gruppo Tercas ha recentemente definito un accordo con Confagricoltura, Coldiretti e Confederazione Italiana Agricoltori per interventi speciali per il settore agricolo, da erogare attraverso i Confidi. Gli interventi consistono nella concessione di credito alle imprese agricole sia con finanziamenti ordinari per soddisfare esigenze finanziarie di breve termine, sia con finanziamenti a medio e lungo termine, finalizzati al ripristino della funzionalità aziendale. Ci sembra un caso esemplare di sostegno concreto all’economia reale da parte di una banca. È questa la linea sulla quale intende muoversi il Gruppo Tercas?

«Quest’accordo rappresenta bene la politica creditizia che Tercas e Caripe intendono adottare. Rimanere vicini al tessuto economico locale dando impulso a quei settori, come la filiera agricolo-alimentare allargata, che possono rappresentare, ed in parte già rappresentano, una prospettiva di sviluppo notevole per l’Abruzzo. Seguiranno altre iniziative, differenti nella struttura, ma tutte volte a riaffermare il ruolo di Tercas e Caripe in Abruzzo come interlocutori prevalenti di aziende, cooperative, artigiani e professionisti attraverso l’utilizzo dei Confidi, un utile strumento per attenuare il rischio di insolvenza in capo alla Banca e, conseguentemente, per praticare condizioni più vantaggiose».

In questa situazione di crisi il credito è vitale per le imprese ma anche per le persone, per le famiglie. Qual è la vostra politica di credito al consumo?

«Come accennavo, in Italia non abbiamo un problema di indebitamento privato; ciò deriva da una precisa concezione che le famiglie hanno del debito, come strumento cioè per far fronte a delle necessità temporanee o per l’acquisto della casa in cui vivranno e non per il sostenimento di uno stile di vita artificiosamente elevato. Tercas sposa questa concezione sostenibile dell’indebitamento privato e la promuove con prodotti molto competitivi sia per quanto riguarda i mutui immobiliari sia sul credito al consumo, comparto nel quale siamo presenti con i prestiti personali che con la cessione del quinto».

Lei, attraverso il suo impegno professionale, politico e imprenditoriale, è da oltre quarant’anni un protagonista della scena pubblica abruzzese. Alla luce della sua esperienza, c’è la possibilità che questa crisi si riveli un’opportunità per la crescita della nostra regione? Che cosa bisognerebbe fare, secondo lei, affinché questa eventuale opportunità venga colta e sfruttata al meglio?

«L’Abruzzo è una regione stupenda. L’ho vista cadere e risollevarsi ancor prima che esistesse come entità amministrativa. Da regione povera del Mezzogiorno, serbatoio di braccia cui i flussi migratori hanno attinto generosamente, è diventata dal ‘70 al 2000 un esempio di sviluppo per tutta l’Italia. Da oltre dieci anni assistiamo però ad un stallo, a livello sociale, economico e di conseguenza politico, tanto più pericoloso in quanto lento ed impercettibile. Ne siamo tutti testimoni ed in vario grado responsabili. Restiamo fermi, più timorosi di perdere quello che abbiamo che di affermare le nostre idee. Le ricette che economisti e politici continuano a proporre (internazionalizzazione, flessibilità, infrastrutture, conoscenza) sono tutte valide, ma diventano solo parole, estranee all’indifferenza di una coscienza comune sopita. Che questa crisi, allora, sia veramente tale, un cambiamento del nostro modo di vedere il futuro, che trasformi onestà, equità, merito, progresso in qualcosa di più di semplici parole: in prospettive».

Nell’incontro con la stampa per la presentazione del nuovo direttore generale di Tercas, Dario Pilla, sia lei che Pilla avete affermato di voler fare di Tercas una “banca bella”. Che cosa intendete con “banca bella”?

«La presentazione del direttore Pilla è stata l’occasione per rilanciare l’identità che Tercas vuole tornare ad affermare. Di fronte ai suoi azionisti, ai suoi dipendenti, ai suoi clienti. Una Banca Bella ha una struttura organizzativa semplice, un profilo finanziario robusto, una redditività adeguata ai rischi che assume, è trasparente, rapida, offre soluzioni e non prodotti. Questa è la Tercas del futuro».

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