L’opera che hai scelto per il poster della tua monografia rappresenta un topo…
«I topi mi piacciono, sono animali speciali per me. Questa però è la riproduzione di una nutria di gomma che ho comprato anni fa e che ho voluto regalare a una mia amica. Non so perchè, ma me l’ha restituita (ride, ndr). Da allora me la sono portata appresso durante le serate, la mettevo sul tavolo insieme alla consolle, le ho fatto un sacco di fotografie e alla fine mi è sembrato doveroso ritrarla».
Un altro quadro rappresenta un puffo, però non è blu.
«Vivendo in provincia spesso è facile cedere all’omologazione. A volte invece ci si sente diversi, come un puffo nero in mezzo a tanti puffi blu. È un quadro che ha in sé la rabbia per ciò che vedo, vorrei che questa città fosse diversa e invece non lo è».
Qual è il tuo rapporto con la città in cui vivi?
«Vivo qui solo per il lavoro e per quei pochi amici, altrimenti me ne andrei subito. Sono esausto dal continuo confronto con leggi vecchie e amministrazioni miopi, servi e burocrati di ogni genere. E quel che mi dà più fastidio è di essere messo nel mucchio dei “costruttori”, intesi come categoria di speculatori; io sono il puffo nero, sono diverso, voglio essere considerato per quel che faccio e non per quello che hanno fatto –male– altri. Non dico che questo non accada anche altrove, ma questa città spesso si caratterizza proprio per certi atteggiamenti tipicamente provinciali, come se si compiacesse dei suoi difetti. È assurdo, per esempio, che si protesti contro un mio progetto di restauro di un edificio esistente (e peraltro abbandonato) ma privo di alcuna valenza storica o architettonica quando poi si permette ai soliti palazzinari di edificare ex novo palazzi orribili che non fanno altro che procurare soldi a chi li costruisce e un immenso danno d’immagine a una città già abbastanza disastrata. E pensare che io adoro tutto ciò che è vecchio: colleziono vinili d’epoca, amo circondarmi di oggetti del passato. Ho una collezione di dinosauri e robot».
Sembra che tu abbia il desiderio di restare bambino…
«Mantenere lo sguardo del bambino è importante anche perchè un bambino è libero, anche di essere maleducato. È sincero, a volte ingenuo ma sincero».
Cosa ti piacerebbe cambiare della tua pittura?
«Vorrei essere più bravo, avere maggiore sicurezza. Io non ho una formazione scolastica di settore, sono soddisfatto di quel che faccio, ma mi piacerebbe poter padroneggiare l’arte del disegno, saper disegnare come Michelangelo. Non userei mai quella tecnica, ma mi piacerebbe saperlo fare».
E di te stesso cosa cambieresti?
«So cosa non cambierei mai: la sincerità e la spericolatezza. E perchè no? La bontà». F.G.