50 sono le opere in mostra, grandi oli colorati e sculture di bronzo di autori come Birolli, Cassinari, Guttuso, Manzù,
Migneco, Valenti e molti altri, che attestano la partecipazione, o almeno la vicinanza culturale, a quello che è stato definito “l’ultimo dei movimenti espressionisti in Italia”, l’espressionismo lirico e colorato di Corrente.
Oltre a questa mostra, visitabile per tutta l’estate nel S.E.T. (Spazio Esposizioni Temporanee) del primo piano di Palazzo de’ Mayo, è possibile vedere molto altro: nel secondo piano dello stesso Palazzo il 2 giugno scorso è stato inaugurato al pubblico il Museo Palazzo de’ Mayo, con le tre collezioni permanenti che arricchiscono il patrimonio culturale dell’intera città: la prima collezione, di proprietà della Fondazione Carichieti e della Carichieti Spa, vanta più di 50 opere rappresentative dei più grandi nomi ottocenteschi dell’arte abruzzese e non solo, come Barbella, la famiglia Cascella, Celommi, Dalbono, Fattori, Francesco Paolo Michetti (di cui si può vedere l’imponente olio su tela di quasi 6 metri, la Figlia di Jorio), fino ad arrivare ad artisti
tra i più famosi nella scena artistica contemporanea, come Sughi, Vernizzi e Omar Galliani; la seconda collezione è quella messa a disposizione dai coniugi Alfredo e Teresita Paglione: 130 dipinti e sculture di 90 artisti del XX secolo, allestite in 15 sale del secondo piano di Palazzo de’ Mayo, che contribuiscono a integrare e completare quel percorso, non solo cronologico, basato sul concetto di “bellezza” che la Fondazione Carichieti ha voluto esprimere attraverso le opere di sua proprietà; e infine, sempre nel Museo del secondo piano di Palazzo de’ Mayo, sono esposti quasi 200 pezzi di argenteria di elevato valore culturale, provenienti da tutto il mondo e soprattutto dall’Inghilterra ed espressione di una grande arte orafa rappresentata qui dal ‘600 fino ai primi anni del ‘900. Oltre al Museo e alle mostre temporanee, dal 6 luglio scorso è possibile inoltre visitare la Biblioteca d’Arte Fondazione Carichieti, una biblioteca specializzata in arte aderente al Sistema Bibliotecario Nazionale che nasce, con più di duemila testi già inseriti, come fonte di speranza e segno di ottimismo in un periodo storico che di certo non verrà ricordato per la sua grande attenzione, anche economica, verso il settore culturale. Ben presto la Biblioteca d’Arte Fondazione Carichieti si arricchirà di una sezione completamente dedicata ai ragazzi, nella quale sarà possibile anche praticare laboratori didattici. Il giardino teatro di 700 metri quadrati, invece, collocato nel retro del Palazzo, per tutta l’estate è stato sede di importanti eventi musicali e non solo: i concerti della Settimana Mozartiana (dal 9 all’11 luglio), il jazz di Chieti d’Autore (10 e 12 agosto), il Festival degli artisti di strada (14,15 e 16 agosto). Il programma estivo di Palazzo de’ Mayo si concluderà il 31 agosto, con una conferenza e l’inaugurazione al pubblico dell’antica zona sotterranea coperta, la cosiddetta “Via Tecta”, collocata nell’ipogeo dello stesso Palazzo de’ Mayo.
Paesi, pastori e viandanti
a Santo Stefano di Sessanio
Si rinnova la “Condivisione di affetti” tra Firenze e Santo Stefano di Sessanio. Fino al 30 settembre, il borgo aquilano ospita una nuova mostra di opere d’arte della Galleria degli Uffizi, Paesi, pastori e viandanti. Marmi antichi e visioni dipinte dagli Uffizi a Santo Stefano di Sessanio dedicata ai temi del paesaggio e della pastorizia. Punto di forza di questa seconda rassegna è il recupero dell’antico legame che, in pieno Rinascimento, ha unito per oltre 170 anni Santo Stefano di Sessanio a Firenze, testimoniato da uno dei simboli architettonici lasciati in eredità dalla Famiglia de’ Medici: la Torre medicea, andata distrutta con il sisma del 2009. Un evento che consolida il sodalizio culturale nato lo scorso anno con la mostra Condivisione di affetti (oltre 14.000 visitatori paganti). Il percorso illustra aspetti importanti della realtà rurale: il paesaggio, i mestieri legati alla vita montana e quelli della vita contadina. Quadri del Seicento di pittori fiamminghi, olandesi e francesi, restituiscono un affresco paesaggistico lussureggiante dove è la natura a primeggiare, mentre l’uomo si adatta a ruolo di comparsa. Accanto ai quadri, preziosi marmi romani raccontano mestieri antichi legati alla vita rurale. La scelta delle tele e dei marmi celebra l’integrità paesaggistica caratteristica della montagna abruzzese e in particolare di questo piccolo borgo montano, difesa dall’amministrazione comunale, dagli enti e dai privati che hanno creduto nella tutela e nella cultura come risorse fondamentali dell’economia locale. Ventinove le opere esposte, che vanno a impreziosire la sede del Municipio e alcuni suggestivi e caratteristici locali distribuiti nel centro storico del borgo, riproponendo la formula itinerante che la scorsa edizione aveva riscosso un ottimo consenso. Un’occasione per offrire un percorso di visita più ampio del borgo e consentire di ammirare le magnifiche testimonianze architettoniche lasciate in eredità dall’illustre famiglia fiorentina.
FuoriUso InOpera
a Pescara
“Un automobile da corsa […] è più bello della Vittoria di Samotracia”: così proclamava Filippo Tommaso Marinetti nel manifesto con cui nel 1909 teneva a battesimo il Futurismo. Sulla scorta di queste suggestioni il parcheggio di un edificio in costruzione si trasforma in luogo dell’arte: si tratta del cantiere di OperA, un progetto firmato dall’architetto Mario Botta. È il sito su cui è caduta la scelta per Fuoriuso in Opera, XIX edizione della manifestazione ideata da Cesare Manzo, che si tiene dal 1990 in spazi in disuso della città di Pescara. Il suo ritorno dopo cinque anni di assenza è legato anch’esso al nome di Di Pietrantonio, uno dei maggiori artefici dell’identità della mostra con altre quattro edizioni all’attivo (1994, 1995, 1997, 1998). Le novità di quest’anno riguardano in primo luogo la scelta del luogo espositivo, un sito che è sì fuori uso, ma non in quanto dismesso, piuttosto non ancora utilizzato. L’iniziativa interamente privata –dovuta al costruttore Caldora– è la seconda peculiarità di questa edizione: un’indicazione rilevante che dà conto della direzione verso cui si sta incamminando il sistema dell’arte nel nostro paese, in cui il privato cerca di sopperire alle carenze istituzionali. A fronte di queste novità, la mostra conferma l’impianto che l’ha caratterizzata fin dagli esordi, affiancando il lavoro di artisti più giovani con nomi più consolidati –tra gli altri Beuys, Cage, De Dominicis, Familiari, Ciang, Lowe, Pistoletto, Xhafa– e dimostrando la consueta attenzione sul territorio – Candeloro, Fato, Lullo, Sarra, Spalletti.
Popism al Premio Michetti
a Francavilla al Mare
L’altro appuntamento annuale della stagione artistica estiva è quello con il Premio Michetti, giunto quest’anno alla 63a edizione. Resta la stessa la sede –il Museo Michetti a Francavilla al Mare (CH)– cambia invece, come ogni anno, il curatore. L’edizione 2012 è affidata al critico Luca Beatrice, che presenta una mostra tesa a indagare l’eredita dell’arte pop nel nostro Paese, alla luce dei nuovi sviluppi tecnologici: Popism. L’arte in Italia dalla teoria dei mass-media ai social network. Le presenze quest’anno si attestano a quota 61 e come detto abbracciano il contesto nazionale. Seguendo l’ormai solito criterio intergenerazionale, i nomi –tra noti e meno noti– vanno da quelli più storicizzati come Adami, Gilardi, Salvo a quelli più recenti come Arruzzo, Monzo. Non manca anche qui uno sguardo sul territorio, rappresentato da autori come Di Carlo, Fato e Zaccagnini.
La fortezza plurale dell'arte
a Civitella del Tronto
Un gigantesco occhio orwelliano ci scruta al di sopra di una delle porte, non appena intraprendiamo l’ascesa alla fortezza di Civitella del Tronto. Si tratta del contributo che Patrick Tuttofuoco ha pensato per la mostra Visioni. La fortezza plurale dell’arte, curata da Giacinto Di Pietrantonio e Umberto Palestini. L’evento è promosso dalla neonata Associazione Culturale Naca Arte, che esordisce così già su un ottimo livello. La mostra rinuncia dichiaratamente a qualsiasi filo conduttore, che sia di natura tematica o generazionale, presentando –come affermano i curatori– «molto più semplicemente le visioni differenti di artisti di varie generazioni che esprimono con mezzi vari una concezione personale dell’arte e quindi del mondo». Diciotto gli autori, differenti per generazione ma accomunati dalla prevalente origine italiana. Tra gli abruzzesi presenti Sandro Visca, Ettore Spalletti e Giuseppe Stampone. La maggior parte delle opere proviene da collezioni private, e acquista nuove risonanze dalla collocazione negli spazi della fortezza: ciò è particolarmente evidente per lavori come la grande scritta di Pettena, che recita GRAZIA & GIUSTIZIA e occupa uno terrazzamenti che si apre sul vasto paesaggio, oppure il letto di Beuys, o ancora le presenze fantasmatiche che si nascondono dietro lenzuoli colorati di Lynch. Alcuni artisti poi si misurano direttamente con il contesto espositivo: ne offre un esempio l’opera sonora di Valentina Vetturi, che recupera alcune leggende popolari legate a questo luogo e le diffonde nell’aria. La sezione cinematografica della manifestazione presenta il lavoro di artisti che si sono cimentati dietro la macchina da presa: i fratelli De Serio, McQueen, Neshat, Paladino, Schnabel, Taylor-Wood, Tiravanija.
Smarrire i fili della voce
a Castelbasso
Proseguendo una tradizione che risale al 1997, la Fondazione Malvina Menegaz ripropone come ogni anno l’appuntamento a Castelbasso (TE). Le arti visive sono soltanto una sezione di un fitto programma di proposte culturali che spaziano dalla letteratura alla musica (antica e contemporanea) all’enogastronomia. Anno dopo anno la manifestazione è cresciuta, e da una dimensione regionalistica ha raggiunto quest’anno un respiro internazionale. Per quanto riguarda l’arte, la formula è quella doppia che si è consolidata da qualche tempo a questa parte: una mostra monografica dedicata a un grande autore e una collettiva di taglio più giovane. Nel caso della prima la scelta di quest’anno è caduta su Carla Accardi (classe 1924). La mostra a palazzo Clementi, Smarrire i fili della voce, a cura di Laura Cherubini, ne presenta la produzione più recente, che continua quell’indagine infinita sul segno e sul colore che ha impegnato l’artista fin dagli esordi nell’ambito del gruppo Forma 1. La seconda mostra, ospitata a palazzo De Sanctis, è invece affidata alla cura di Eugenio Viola. Sotto il titolo Radici. Memoria Identità e cambiamento nell’arte di oggi il curatore ha raccolto undici autori, provenienti da tutto il mondo. Una presenza particolarmente rilevante è costituita dal centro e sud America (Castro, Galindo, Garaicoa, Jaar), cui si affiancano esponenti ormai canonizzati nell’arte contemporanea come Marina Abramovic, o Santiago Sierra. L’arte contemporanea si conferma come la risposta più efficace per rivitalizzare lo spopolamento dei paesi.