L’università “d’Annunzio” è pronta per questa nuova sfida?
«Negli anni in cui è stata guidata dal Prof. Franco Cuccurullo la “d’Annunzio” è cresciuta quantitativamente (passando da 7 a 12 Facoltà con un aumento della popolazione studentesca da circa 17.000 a circa 32.000 studenti negli ultimi dieci anni) e qualitativamente, ben figurando nel panorama nazionale, con positive ricadute sulla ripartizione del Fondo di Funzionamento Ordinario e in termini di efficienza. Un’eredità notevole, positiva, da non disperdere; piuttosto, da valorizzare in una logica evolutiva, che prevede una politica di intenso rinnovamento. Sarà necessario avviare una serie di interventi di ristrutturazione organizzativa che consentano di alleggerire la spesa corrente a vantaggio di altre voci di bilancio quali ricerca, servizi agli studenti, informatizzazione, internazionalizzazione razionalizzazione degli uffici amministrativi il tutto per consentire all’ateneo di affrontare con serenità il futuro rendendolo fortemente integrato con il territorio nel quale opera».
Come vede l’Ud’A nei prossimi anni?
«Anche in un quadro di maggiori ristrettezze economiche, praticando una politica responsabile e sostenibile, la nostra Università dovrà rimanere pubblica ed autonoma da qualunque potere esterno –politico, economico o confessionale– e avulsa da politiche clientelari, capace di riaffermare la sua centralità nei rapporti con gli enti pubblici, con le imprese e con il territorio. L’Università deve restare un servizio pubblico, riferimento essenziale e fondamentale del sistema educativo e formativo e di sviluppo civile e culturale della collettività».
Qual è, secondo lei, il ruolo del Rettore in questo contesto?
«Il prossimo mandato rettorale avviene in un momento di grave congiuntura per il paese e per il sistema universitario nazionale. Diviene a questo punto condizione essenziale sviluppare un solido meccanismo di condivisione delle scelte. Il Rettore dovrà essere il promotore e sostenitore del cambiamento, coinvolgendo e motivando i collaboratori ed indirizzando i delegati ad un confronto attivo con le strutture amministrative. Non è possibile che la figura del Rettore possa occuparsi in prima persona di tutte le problematiche connesse ad una gestione molto articolata sia sul piano organizzativoamministrativo sia territoriale. Non basterebbero autorevolezza, determinazione, rigore e sacrificio personale. È necessario il contributo sostanziale di una squadra, la più ampia e rappresentativa possibile, senza il quale sarà impensabile poter dirigere l’Ateneo. Ed è necessario formare un gruppo solidale di persone, non costruito sul principio dell’esclusione, ma sul metodo dell’inclusione, in una prospettiva di condivisione di obiettivi e di valori. Pur rappresentando e garantendo l’unità dell’indirizzo, il Rettore deve essere il coordinatore della squadra di governo dell’Ateneo. Sarà pertanto necessario raccogliere le idee, i suggerimenti e le intuizioni di tutte le componenti universitarie ed è opportuno proporre modalità e strumenti che rendano percepibile il rinnovamento».
Quali le strategie per raggiungere gli obiettivi che si prefigge?
«Innanzitutto implementare un sistema che consenta di premiare l’impegno, il merito ed i risultati conseguiti. La politica di sostegno alla ricerca finora seguita dal nostro Ateneo deve essere mantenuta e possibilmente potenziata tentando di renderla più efficace migliorando le procedure e i metodi di assegnazione dei finanziamenti. Ognuno deve però sapere che d’ora in poi le risorse giungeranno prevalentemente in funzione della qualità della ricerca svolta e della didattica effettuata e verso tale fondamentale obiettivo si dovrà tendere tutti. La politica della qualità dell’offerta formativa e dei servizi agli studenti dovrà costituire elemento distintivo della nostra Università. Occorrerà rendere efficace il sistema della valutazione della didattica per poter intervenire sui punti deboli della nostra offerta formativa. Sul fronte amministrativo mantenere il bilancio in pareggio dovrà essere il nostro costante obbiettivo. Bisognerà essere preparati a grandi sacrifici senza operare, però, tagli indiscriminati; anzi, si dovranno favorire i giovani ricercatori e agevolare i legittimi avanzamenti di carriera».
Avere due campus e quindi due Poli universitari è un valore o costituisce elemento di dispersione?
«L’Ud’A è un Ateneo medio/grande distribuito su due sedi (campus) nettamente separate: quella di viale Pindaro (Pescara) e quella di Madonna delle Piane (Chieti). La separazione contribuisce a rendere numerosi e di grande complessità i compiti progettuali, gestionali ed organizzativi. È evidente che sarà necessaria un’equa attenzione dell’amministrazione centrale sulle differenti problematiche strutturali che le due sedi possono presentare. Un esempio di complessità organizzativa è dato dalla recente nascita di dipartimenti composti da docenti che svolgono la loro attività didattica e scientifica a Chieti e da docenti che la svolgono a Pescara. Per essi sarà necessario predisporre una idonea organizzazione atta ad alleviare i possibili disagi gestionali».
Le nuove tecnologie che ruolo avranno nell’Ud’A del futuro?
«Sul piano didattico l’Ateneo deve assicurare una piena disponibilità di docenti, di laboratori didattici, di biblioteche e di servizi informatici in grado di garantire agli studenti quelle opportunità formative che in genere i mega-Atenei non riescono ad offrire. Dovremo impegnarci per migliorare e potenziare le nostre aule didattiche, dotandole di strumenti didattici moderni e di un puntuale servizio di supporto e di assistenza al corpo docente circa l’uso delle attrezzature tecnologiche che dovranno essere sottoposte a una puntuale e corretta manutenzione. Dovranno essere potenziate soprattutto le soluzioni organizzative atte al decongestionamento dei servizi amministrativi e didattici rivolti agli studenti».
L’Ateneo nel 2015 taglierà il traguardo dei suoi primi 50 anni. Come si appresta a vivere questo importante evento?
«Io sono entrato nella grande famiglia della “d’Annunzio” nel 1972, sotto il rettorato del professor Renato Balzarini. Ho conosciuto tutti i suoi successori: Bruno Cavallo, Aldo Bernardini, Uberto Crescenti e naturalmente Franco Cuccurullo, al quale sono legato oltre che dall’appartenenza alla stessa area scientifica, anche da profonda amicizia e da un rapporto di stretta collaborazione. Dal 1965, anno in cui venne giuridicamente riconosciuta dal Presidente della Repubblica, l’università “d’Annunzio”è cresciuta qualitativamente e quantitativamente, grazie all’apporto di tutti i miei predecessori. Il 2015, anno in cui si celebrerà il cinquantenario dell’ateneo (che in realtà cominciò la sua attività dieci anni prima, nel 1955) rappresenta una tappa importante: ed è proprio da quanto fatto finora che intendo partire per proiettare l’università in una dimensione al passo con i mutamenti e le esigenze della società, senza perdere il legame col passato ma con lo sguardo rivolto al futuro, che immagino pieno di sfide ma anche di opportunità di crescita».