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2000 presenze all'Adriatico

Vincenzo Marinelli

Una vita dedicata al Pescara prima, al calcio giovanile italiano poi.
Ma sempre con la società biancazzurra nel cuore. E forse nel suo futuro.

 

Vincenzo MarinelliPrima al Rampigna, poi all’Adriatico. A quante partite del Pescara avrà assistito Vincenzo Marinelli? Migliaia. Duemila, almeno. Forse di più.

Quando era un semplice dirigente della società, se lo staff che affiancava in panchina allenatore e riserve era al completo, era capace di travestirsi da infermiere pur di seguire le gare da bordo campo. E da quando ha potuto permetterselo (cioè da giovanissimo avendo cominciato prestissimo a lavorare e guadagnare bene) non s’è persa una trasferta dei biancazzurri, anche oggi, compatibilmente con i suoi impegni come team manager della Under 21. Insomma, la sua discesa in campo, che risale al 1962 e non è metaforica come quella del suo coetaneo Berlusconi, ha la durata di una vita ed è tutt’ora proiettata verso il futuro.

Pochi personaggi possono vantare un’esperienza così completa nel mondo del calcio e sicuramente nessuno in Abruzzo. Pochi hanno la sua capacità di tessere relazioni importanti che spesso diventano radicate amicizie. Gianni Petrucci, presidente del CONI, viene a trovarlo a Pescara almeno un paio di volte al mese. Giampiero Boniperti è un suo grande amico. Antonio Matarrese, prima da presidente della Lega Calcio poi della Federcalcio, lo volle con sé negli staff dirigenziali dei due organismi. Pep Guardiola, il mitico ex allenatore del Barcellona, ogni estate è ospite per qualche giorno nella sua villa di Pescara Colli. Leonel Messi lo adora come un secondo padre (“A papà Vincenzo” è la dedica che la “pulce” ha vergato di suo pugno su una foto che li ritrae insieme al Camp Nou di Barcellona). E tralasciamo Manuel Estiarte, il leggendario “Maradona della pallanuoto”, diventato prima suo amico e poi suo genero (e qui, il merito è tutto della figlia Silvia). Ma la sua capacità di avere buoni rapporti non si limita ai grandi personaggi del calcio nazionale ed europeo, Marinelli ha sempre avuto ottimi rapporti con tutti: allenatori, giocatori, dirigenti di altre società. Gentile e disponibile, dai modi schietti ma pacati, l’imprenditore pescarese (opera da decenni nel settore dei farmaci e delle forniture ospedaliere) ha saputo conquistarsi la stima, e spesso l’affetto, di tutti i protagonisti di quel mondo complesso e difficile che è il calcio.

Rampollo di una modesta famiglia di coltivatori diretti di Carpineto della Nora, piccolo borgo del pescarese impreziosito da una splendida abbazia medioevale dedicata a San Bartolomeo apostolo, Vincenzo Marinelli ha cominciato a lavorare giovanissimo. A vent’anni era già una figura famigliare negli studi medici abruzzesi: al mattino, prendeva la sua borsa di cuoio piena di medicinali-campione e via scarpinando su e giù per scale e marciapiedi, suonando decine di campanelli, pazientando in centinaia di sale d’attesa, persuadendo i medici, infine, con la sua parlata dal forte accento pescarese («Ne vado fiero») e con robusti argomenti professionali, le virtù dei farmaci da lui rappresentati. Riuscì così, in pochi anni, a costruirsi una solida posizione economica, tanto da essere in grado, nell’estate del 1962 di versare un milione di lire per diventare socio della società sportiva del Pescara calcio.

 

Una bella somma, a quei tempi, per un giovane di poco più di vent’anni…

 

«Altro che, però già guadagnavo bene all’epoca. Comunque tirai fuori volentieri quei soldi. Per me era un sogno che si avverava…»

…o forse cominciava.

«Be’, sì. Allora, però, non potevo immaginare che il calcio avrebbe avuto un ruolo nella mia vita ancora più grande di quello che io speravo».

Eppure, Vincenzo Marinelli non esita a riconoscere che la grande passione della sua vita, il calcio, gli è stata utile anche nella sua professione.

«Perché tacerlo? Il calcio mi ha consentito di conoscere un sacco di gente importante, di diventare amico di persone che contano, gente influente, talvolta potente, ed io ne ho beneficiato».

Quanti, tra i tanti che hanno tratto vantaggio dalla frequentazione del mondo calcistico, sarebbero capaci di tanta franchezza? Lui lo è. Non solo: Marinelli non esita a raccontare un aneddoto che conferma e sottolinea la sua leale ammissione.

«Io ho conosciuto e sono diventato amico, tra i tanti, di Giampiero Boniperti, il grande attaccante ed ex presidente della Juve. Ebbene, tanti anni fa ero interessato ad acquisire la rappresentanza di una grande multinazionale dell’industria farmaceutica. Così andai a Milano per un colloquio. Mi ricevette il capo del personale. Andammo fuori a pranzo, passeggiammo, tornammo nel suo ufficio, continuammo a chiacchierare, ma di tutto si parlava fuorché di lavoro. Allora presi coraggio e dissi: “Scusi, ingegnere, io dovrei riprendere l’aereo per Pescara. Il colloquio…”. Non mi fece finire: “Ma quale colloquio, non c’è bisogno di nessun colloquio. Ieri sera mi ha telefonato Boniperti e non la finiva più di tessermi le sue lodi e convincermi che ci mettevamo in buone mani. Perciò adesso andiamo su e firmiamo il contratto”. Ecco, io queste cose non le nascondo».

Marinelli con Tom Rosati, Gianni Petrucci, Enzo Bearzot e Leo Messi1962 – 2012: cinquant’anni nel mondo del calcio, e sempre ai massimi livelli. Non so se ce ne sono altri, in Italia, a poter vantare una tale longeva e ancora vitalissima presenza.

«In questo momento non saprei dire, non mi viene in mente nessuno. Ma non m’interessano i record personali, m’interessa di aver sempre operato per il bene di Pescara, del Pescara e del calcio italiano, nella massima correttezza e al massimo delle mie capacità».

Lei è sicuramente il pescarese, anzi: l’abruzzese, più noto nel mondo del calcio locale, nazionale e internazionale…

«No, adesso c’è Verratti. Nel Paris Saint Germani ha una grandissima visibilità a livello europeo. E se lo merita perché non è solo un grandissimo talento ma è anche un ragazzo intelligente e serio».

Peccato che le società italiane, non diciamo il Pescara, ma quelle più grandi, se lo siano lasciato sfuggire…

«Cosa vuole, il nostro calcio vive un momento difficile, inutile negarlo. Anzi, io dico una cosa: mi dispiace che Verratti non sia rimasto in Italia, però la sua andata via è anche il segno che le società italiane hanno cominciato a fare seriamente i conti. Il cosiddetto fair play finanziario è una cosa seria, un passaggio obbligato per risanare tante situazioni difficili che se si fossero prolungate avrebbero creato problemi davvero molto pesanti. Tra l’altro, questa sorta di austerity del campionato italiano ha già avuto una conseguenza positiva: il lancio di tanti giovani e giovanissimi in prima squadra. E questo non può che far bene al futuro del nostro calcio».

Comunque, Verratti a parte, lei è ormai un dirigente di lungo corso della Lega Calcio, da anni team manager della nazionale italiana Under 21, è stato presidente Pescara dal 1980 al 1986, dopo esserne stato per vent’anni, dal quel lontano 1962, socio e dirigente responsabile del settore tecnico. Un curriculum straordinario…

«La ringrazio…»

… che farebbe di lei il presidente ideale della società biancazzurra.

«Ma no, Sebastiani è un ottimo presidente. Non esistono presidenti ideali».

Ma la scorsa estate si è parlato di un suo possibile rientro in società, e certo non come semplice socio.

«I tempi non erano e non sono tuttora maturi, per i miei impegni calcistici e per motivi personali»

O, forse, le difficoltà che i biancazzurri stanno incontrando nel massimo campionato l’hanno un po’ demotivato?

«Be’, questa è una piccola cattiveria. Tutta la mia storia sta lì a dimostrare che non ho mai fatto questo tipo di calcoli. Dimentica, forse, che sono stato ai vertici del Pescara, da dirigente e da presidente, per venticinque anni? E non sono mica state tutte annate trionfali per i biancazzurri. Anzi. Nei primi anni Settanta eravamo in quarta serie…».

E lei chiamò Tom Rosati che in due stagioni riportò il Pescara in serie B.

«Appunto».

E dieci anni dopo, nel campionato 1982-83, con il Pescara in serie C, lei richiamò di nuovo Rosati…

«Che ci riportò in B. Insomma, come vede, non si può di certo dire che io sono rimasto nel Pescara solo quando le cose andavano bene. Non sono il tipo che molla o che scappa davanti alle difficoltà».

Questo glielo riconoscono tutti.

«Meno male».

Ma è vero che lei voleva Ferrara come allenatore del Pescara?

«Ferrara ha tutta la mia stima, così come Stroppa. Ma che c’entro io con la scelta dell’allenatore? Io oggi sono un semplice tifoso del Pescara e la mia opinione, nel caso la esprimessi, è l’opinione di un tifoso che vuole bene alla squadra. Del resto, lo ripeto, Sebastiani ha dimostrato di saper fare benissimo il presidente e di sapersi circondare di validi collaboratori».

Senta, lo confessi: lei c’ha provato anche con Pep Guardiola…

«A fare cosa?».

A convincerlo a passare il suo anno “sabbatico” a Pescara.

«La mia casa è sempre aperta per un grande amico e un grande allenatore come Guardiola».

Non faccia finta di non capire…

«Ma insomma, secondo lei io andavo a proporre all’ex allenatore del Barcellona di allenare il Pescara?».

Sì.

«Magari gratis».

Proprio gratis no. Comunque lei c’ha provato.

«Chi lo dice?».

Qualcuno molto ben informato.

«Allora perché me lo chiede? Un giornalista deve fidarsi delle persone molto bene informate. O no?».

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