Investimenti cospicui, quelli effettuati dall’Arpa per rilanciare il trasporto locale: i 19 nuovi autobus acquistati dall’azienda regionale fanno salire a 208 il numero di quelli acquistati dal 2009 ad oggi per un importo di spesa pari a 42 milioni di euro, di cui 31 milioni e 300 mila euro –pari al 74%– a carico delle casse dell’azienda. Con il risultato concreto di abbassare l’indice di vetustà dei mezzi in circolazione da 15 a 10 anni e di ridurre così i costi di manutenzione, quelli di esercizio e l’impatto ambientale dovuto al maggior consumo di gasolio.
Una strategia aziendale che al centro mette il cliente e le sue esigenze, facilitando l’acquisto dei titoli di viaggio con l’introduzione delle nuove tecnologie ed offrendo mezzi di trasporto nuovi, confortevoli e moderni. Presidente, si ritiene soddisfatto dei traguardi raggiunti?
«Dopo tre anni e mezzo il livello è ampiamente soddisfacente, sia per il Trasporto Pubblico Locale (linee extraurbane) che per il commerciale (che non gode di contributi regionali), verso Roma e Napoli, sui quali impieghiamo la parte migliore del nostro parco rotabile. Con gli ultimissimi acquisti (cinque autobus a due piani) siamo su livelli di assoluta eccellenza. Il nostro cliente non è solo il viaggiatore occasionale, ma sono i pendolari, ai quali dobbiamo assicurare un collegamento dignitoso. Qualche tempo fa sulla nostra pagina Facebook è apparso un commento di un utente che chiedeva di togliere dalle strade i 370 perché inadeguati. Come dargli torto? È infatti in questa direzione che ci siamo mossi, e oggi i collegamenti sono assicurati su un livello qualitativo molto alto».
Una politica in sintonia con quella delle aziende private.
«Non possiamo certo permettere che la nostra offerta sia inferiore a quelle delle linee private. Ma avevamo già un ottimo livello sulle linee commerciali, sicuramente superiore a quello della concorrenza low cost: le corse verso Roma presentavano già un tasso di soddisfazione molto alto. Dove davvero abbiamo fatto passi da gigante è stato sul trasporto regionale: di queste 208 macchine nuove almeno 180 sono impiegate sulle corse regionali. Ora le prossime sfide partono proprio da questa della bigliettazione elettronica, che indubbiamente colloca l’Arpa al vertice non solo regionale, ma addirittura nazionale, delle imprese di trasporto pubblico locale. Una piattaforma flessibile che, potendo essere utilizzata anche da parte di altri vettori abruzzesi, prelude all’integrazione tariffaria».
La strategia è quindi quella di una fusione tra le aziende pubbliche e le società di trasporto private?
«La strada da percorrere è quella dell’integrazione tra i vettori, eliminando le sovrapposizioni e istituendo un unico soggetto pubblico. Oggi, per coprire alcune tratte interne, un viaggiatore è costretto a comprare tre o addirittura quattro biglietti tra autobus e treni. Bisogna fare in modo che si arrivi al biglietto unico regionale gomma-ferro, da acquistare tramite questa nuova piattaforma. Ed è impensabile che a questo processo di integrazione non partecipino anche i vettori ferroviari. Arpa e GTM stanno già andando in questa direzione, ma una fusione tra le aziende pubbliche e il successivo consorzio resterebbero un contenitore vuoto senza l’integrazione tariffaria: non ci sarebbe utilità per il cittadino. Il trasporto deve rispondere alle esigenze della collettività».
E questo passa per l’efficientamento della gestione del personale…
«In questi anni, d’intesa con i sindacati e a sostanziale parità di offerta complessiva del servizio, siamo riusciti a ridurre il numero degli occupati, eliminando alcuni turni e migliorando l’efficienza dei servizi. Siamo però ancora in una fase iniziale: la legge di stabilità adesso impone alle società di aumentare le percentuali di ricavo della tariffa, e questo si traduce nella necessità di sopprimere le corse a domanda debole, cioè quelle meno frequentate, e di trasferire quei chilometri sulle corse a domanda forte. Sopprimere 300mila km per trasferirli su una corsa produttiva non solo soddisfa 30 nuovi cittadini, ma fa guadagnare all’azienda 30 volte quel che guadagnava prima. Certo, le resistenze saranno notevoli, ma l’esigenza del singolo cittadino cui viene meno l’offerta di mobilità, non può essere soddisfatta da un autobus da 52 posti. Vanno dunque studiati sistemi sostitutivi, per esempio quelli a chiamata. Costa meno, paradossalmente, muovere un taxi che muovere un autobus».
Va sostenuta la mobilità interna, ma si deve anche supportare un altro elemento strategico per la regione: il turismo.
«Certo. Questa piattaforma presentata oggi va incontro anche alle esigenze del turista straniero. Indubbiamente l’area metropolitana è il cuore pulsante della nostra regione, e qui ci sono delle domande di mobilità ancora insoddisfatte, che noi dobbiamo intercettare; perché se la nuova linea di politica legislativa è sopprimere le corse a domanda debole a favore di quelle a domanda forte, dobbiamo probabilmente attuare un progressivo trasferimento di percorrenze dalle zone interne verso la costa. Si potrebbe obiettare che andiamo nella direzione opposta a quella del riequilibrio territoriale, ma prima di tutto dobbiamo osservare una legge dello Stato, che –piaccia o non piaccia– ci impone questa direttiva; e in secondo luogo dobbiamo risanare i conti aziendali, perché le perdite vengono pagate comunque dal contribuente. È una partita molto delicata quella che deve essere giocata nei prossimi mesi».