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Il pastificio De Cecco esempio di efficienza

Il modo di fare la pasta come una volta innestata su macchinari avanzatissimi. È il connubio tra tradizione e innovazione il successo dell’azienda De Cecco. Un’eccellenza italiana, e abruzzese soprattutto, che Unicredit Banca ha voluto portare come esempio ad altri imprenditori e operatori economici italiani. Invitati nello stabilimento produttivo di Fara San Martino per vedere da vicino come nasce il prodotto principe di questo territorio ai piedi della Maiella. Tra gli invitati Marina Cvetic Masciarelli della cantina vinicola,
Domenico Iannamico della Lazzaroni (biscotti), Ottorino La Rocca della Valagro (fertilizzanti), Giovanni Mastrantoni della Mastrantoni e Tarquini srl (supermercati marchio Conad), Cristiano Artoni della Adriatica Press spa, Giulia De Luca, ex ceo del Gruppo Damiani, Mario La Rocca (La Rocca Petroli), Marco Serafini della Desco spa, Marcello Grimaldi della Flli Grimaldi srl. «Ogni pranzo con i miei genitori era un panel test sulla pasta», racconta con il sorriso il presidente del pastificio, Filippo Antonio De Cecco, «fin da ragazzi siamo stati abituati a comprendere questioni di qualità». E la qualità dipende per il 50% dalle tecnologie di produzione. «La ricetta della pasta è quella di 131 anni fa - dice De Cecco - impasti ad acqua fredda, trafila ruvida ed essiccazione lenta, per 20 ore. I modi sono gli stessi di allora, ma la tecnologia e i macchinari sono avanzatissimi, fuoriserie che vengono prodotti esclusivamente per noi». Il sito di Fara San Martino oggi conta 13 linee produttive, dalle quali escono 4mila quintali di pasta al giorno. Una “danza” di fili dorati attraverso il ciclo produttivo, come viene mostrato nella visita alla sala macchine e al molino, conclusa poi con il pranzo preparato dallo chef stellato Heinz Beck. A fare il restante 50% della qualità sono, invece, le materie prime utilizzate. «Il grano non è buono perché è italiano - ammonisce il presidente del pastificio toccando la polemica sulla pasta italiana realizzata con grano importato- Il grano è fortemente soggetto al clima. Se il periodo della raccolta è caratterizzato da piogge, la qualità del grano non sarà buona. Come è capitato lo scorso anno. Quest’anno, invece, il clima è stato secco e l’annata è buona. Ma il fatto che venga prodotto in Italia non è garanzia di qualità». Il grano di casa, poi, non basta. La De Cecco ha 220 coltivatori abruzzesi - distribuiti nelle province di Chieti, Pescara e Teramo - che producono esclusivamente per l’azienda di Fara. Grano che viene miscelato con quello di altre zone d’Italia e straniero. «Importiamo grano da Australia, Arizona, California - aggiunge De Cecco - Quest’ultimo è il migliore al mondo: viene seminato nel deserto, dove i terreni sono vergini. Qui da noi una volta da un ettaro si ricavavano 18 quintali, oggi 60 quintali. Anche mio nonno importava grano, ungherese: ci sono documenti delle sue ricerche sulla qualità. Produrre è facile, produrre qualità meno, ma poi bisogna vendere». Fino al 1986 l’azienda aveva una rete di 50 grossisti (oggi i clienti sono 25mila). Quell’anno decide di dotarsi di una struttura commerciale per la vendita diretta. «Da allora la crescita è stata graduale e costante - spiega il presidente dell’azienda - Nel 1986 avevamo un fatturato di 70 miliardi di lire (35 milioni di euro), oggi è di 450 milioni. E nei prossimi tre anni contiamo di arrivare a 500 milioni. Allora avevamo 0 dirigenti e 15 impiegati, oggi 25 dirigenti e 120 impiegati. Oggi è tutto gestito dai computer, il compito dell’uomo è il controllo. E contiamo, entro il 2018, di implementare ulteriormente il sistema informatico». Altro caposaldo, poi, è l’internazionalizzazione. «Produciamo 1,8 milioni di quintali di pasta in Italia e 600mila quintali in Russia - conclude De Cecco - In totale 2,5 milioni di quintali che fanno della De Cecco il terzo produttore di pasta al mondo».

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