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Il Mammut torna visibile al pubblico

Tornerà a essere visitabile entro qualche mese, nelle antiche sale del Castello Cinquecentesco dell’Aquila, il Mammuthus Meridionalis, più noto come Mammut. Dopo il grande successo dell'apertura al pubblico dello scheletro, uno degli esemplari più completi rinvenuti in Europa, appena dopo il restauro, due anni fa, il mammut tornerà
a essere visitabile grazie ad aperture straordinarie del Forte probabilmente già da fine estate. Ad annunciarlo l’architetto Antonio Di Stefano, della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio dell’Aquila e cratere, in un incontro promosso dal Rotary club dell’Aquila, nella sala conferenze della Dimora del Baco. A introdurre i lavori il presidente del Rotary Massimo Casacchia. «Abbiamo iniziato da qualche giorno i lavori di sistemazione di alcune infiltrazioni, dovute agli ultimi terremoti, dell’ala che ospita il mammut», - spiega Di Stefano. «Stiamo predisponendo, inoltre, un nuovo impianto di illuminazione molto tecnologico per il reperto, che prevede diverse fasi: da quella emozionale a quella più tecnica per una diversa lettura dello scheletro, in base alle esigenze». Il mammut è da sempre un reperto identitario della città: in più di 10mila persone, infatti, hanno partecipato alle due giornate di esposizione al pubblico nel 2015. Il restauro dello scheletro, databile intorno a un milione e trecentomila anni fa (Pleistocene inferiore), è stato possibile grazie a una donazione di 602mila euro concessa dal corpo della Guardia di finanza. Intanto, vanno avanti anche i lavori all'interno del Forte spagnolo, di cui la stazione appaltante è il segretariato regionale per i Beni culturali, come dice lo stesso Di Stefano: «Il primo lotto è in fase conclusiva ed è stata approvata la progettazione per la prima tranche di lavori del secondo lotto, quello più impegnativo. Interverremo presto sul fronte Sud-Ovest, dopo aver portato a termine le opere del fronte d’ingresso». Il convegno si è soffermato anche sull’architettura militare del Sedicesimo secolo attraverso l’analisi dei sistemi, delle tecniche di assedio e delle armi utilizzate nel Medioevo: dalle cosiddette armi bianche a quelle da fuoco. «Anche gli edifici difensivi sono cambiati nel tempo: dall’essere molto alti con murature sottili si sono poi trasformati in edifici più bassi con spessori murari più ampi» - precisa Di Stefano. «I bastioni cilindrici, invece, col tempo hanno lasciato il posto a quelli pentagonali o lanciolati». Il Forte spagnolo rappresenta il prodotto di un’immensa opera difensiva, cui hanno partecipato i più famosi architetti dell’epoca, tra cui il capitano dell’Esercito, poeta e scrittore, Carlo Escrivà di Valencia, figura oggetto di approfondimento da parte di Paola Elia, docente di letteratura spagnola e console onorario di Spagna. All’incontro erano presenti, tra gli altri, studenti e docenti del liceo Artistico.

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