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Maratona in carrozzina vinta con il cuore

Quando si corre con il cuore e non solo con le gambe, il vero traguardo è la solidarietà. La Maratona di Roma ha concretizzato un sogno per 15 disabili in carrozzina che hanno percorso i 42 km della gara podistica spinti da venti atleti della Asd Inix Sport. Li chiamano spingitori, e sono atleti che, mossi dall’amore per lo sport e da un forte senso di solidarietà per il prossimo, prestano le proprie gambe a chi è meno fortunato, spingendo la sedia a rotelle dei disabili durante le corse.

L’iniziativa “Insieme per… realizzare un sogno” nasce nel 2015 dall’impegno e dalla determinazione del gruppo di atleti della Inix Sport di Luco dei Marsi ed è stata accolta con grande entusiasmo dall’Unitalsi di Avezzano (Unione nazionale italiana trasporto ammalati a Lourdes e santuari internazionali). Un sogno divenuto realtà per i tanti ragazzi che non hanno la possibilità di partecipare alla maratona autonomamente, che si è diffuso in diverse regioni italiane (Abruzzo, Veneto, Lombardia, Marche, Lazio), e ha coinvolto persino corridori provenienti dalla Francia. Ad adoperarsi per la riuscita del grande evento il presidente della Asd Inix Sport, Guerrino Fosca, il cui obiettivo è da sempre quello di promuovere la solidarietà attraverso lo sport. In occasione dell’evento, data una forte partecipazione, un gruppo di ingegneri ha disegnato gratuitamente adattamenti per le carrozzine dei disabili al fine di far fronte ai disagi delle strade di Roma. Per non gravare economicamente sulle famiglie dei disabili che hanno preso parte all’evento, le spese delle carrozzine sono state sostenute dalla Inix Sport. Per i disabili e per i loro spingitori non si tratta soltanto di una semplice competizione sportiva, perché gli oltre 42 chilometri della maratona rappresentano anche un percorso ricco di emozioni intense per i partecipanti, poiché si vengono a creare rapporti di amicizia speciali. «Ho provato un’emozione indescrivibile», racconta Francesco D’Andrea, uno degli spingitori, “si diventa un’unica persona, chi spinge entra in simbiosi con chi sta sulla sedia a rotelle. Loro mettono l’anima e il cuore, noi mettiamo solamente le gambe e l’impegno. Sono loro che hanno fatto l’impresa, non noi, perché per i ragazzi è una grande sofferenza stare seduti”.  

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