Premio Borsellino a professionisti abruzzesi
Consegnati a Pescara i premi Borsellino. Riconoscimenti sono andati anche a personaggi abruzzesi. Ecco i nomi dei premiati.
Luca Maggitti, giornalista da sempre impegnato in prima fila in battaglie per la legalità, esempio vivo di impegno civile. Nel 2017 è stato produttore del fortunato disco “Brandon Sherrod and the Sharks – Italian Journey’ il cui incasso è stato devoluto interamente in beneficenza . La sua parola e la sua azione sono state sempre, di aiuto fin dai tempi della guerra nella ex Jugoslavia. Da sempre sostiene
i principi della non violenza, dell’accoglienza e della legalità. Premiati il suo disco e il suo impegno teso a costruire una realtà giusta e solidale che è un passo necessario verso la convivialità. Un simbolico premio come riconoscimento per l’opera da lui svolta negli anni.
Domenico Trozzi, generale e direttore del settore aereo della Polizia di Stato, per vent’anni comandante del reparto volo a Palermo. Fondatore e Presidente dell’Associazione “Prossimità alle Istituzioni”. Impegnato dagli anni ’80 in attività di reinserimento socio-culturale dei minori che vivono uno stato di disagio sociale attraverso la promozione di attività sportive e culturali. Per il profondo e sentito impegno, rivolto al riscatto umano e sociale delle fasce più deboli ed emarginate, seguendo e attuando il segno caritatevole e religioso di don Pino Puglisi, eroico esempio di abnegazione e solidarietà.
Viviana Matrangola, figlia di Renata Fonte, amministratrice pubblica di Nardò uccisa dalla mafia salentina nel 1984. Continua senza sosta la battaglia della madre per perseguire i valori di trasparenza ed integrità nella gestione della “cosa pubblica” con incrollabile dedizione alla legalità. Contro l’atteggiamento mafioso del voltarsi dall’altra parte la sua figura rappresenta per tutti noi un invito all’impegno civile. Non si tratta di essere eroi, ma di approfondire, di indignarsi e agire nel nostro piccolo. Per il suo impegno, il suo coraggio della libertà e il dovere della memoria. .
Stefania Grasso, figlia di Vincenzo Grasso, il commerciante calabrese ucciso dalla ’ndrangheta perché si era rifiutato di pagare il pizzo, continua la battaglia civile di suo padre a Locri e in tutta Italia come Vice presidente di “Libera”. Impegnata soprattutto per diffondere la cultura della legalità, contro la corruzione, nei campi di formazione antimafia, i progetti sul lavoro e lo sviluppo, le attività antiusura. In una terra difficile come la Calabria è schierata apertamente contro le mafie che corrompono la sua terra diventando un simbolo per le giovani generazioni. Premiamo il suo coraggio, l’impegno che anima il suo agire, la determinazione che esprime nel suo ruolo, svolto con un’immagine di assoluta normalità e sobrietà.
Franco La Torre, storico e cooperante internazionale, figlio di Pio La Torre, autore della legge antimafia che porta il suo nome e che introdusse nel codice penale il reato di associazione mafiosa. É stato Presidente della Consulta Antimafie della Provincia di Roma. Dal 2002 al dicembre 2015 è stato membro della Presidenza di “Libera” e Presidente di “Flare” la rete che raccoglie in Europa circa 40 organizzazioni impegnate nel contrasto al crimine organizzato. Il suo è un esempio positivo nella quotidianità che invita tutti a fare bene il proprio dovere, ognuno la propria parte. La sua è una vita spesa per la giustizia nella convinzione che gli strumenti della denuncia si concretizzino nella capacità di produrre nuova coscienza nel segno della giustizia, dei valori etici e civili.
Gianpiero Cioffredi è presidente dell’Osservatorio per la Legalità e la Sicurezza della Regione Lazio. É stato Presidente Nazionale di “Arci-Solidarietà” e responsabile dei programmi di lotta alle mafie, organizzatore della prima Carovana Nazionale Antimafia arrivata quest’anno alla 19° edizione, e coordinatore delle iniziative internazionali del progetto “Provincia senza Mafie” e “Lezioni Civili in ricordo di Falcone e Borsellino. Adempiendo al suo dovere, denunciando e fronteggiando con crescente efficacia le insidie della mafia che cerca di infiltrarsi nel territorio sano con la sua barbarie che offende la cultura di questa terra e la dignità dei suoi abitanti. Il suo impegno dà concretezza alle speranze di legalità, di sviluppo e di convivenza degli uomini onesti che guardano alle istituzioni con fiducia.
Stefano Corradino, giornalista di “Rai New 24″, direttore di “Articolo 21” per la libertà di espressione. Ha dedicato grande attenzione, tra servizi, interviste e inchieste, al tema dei misteri italiani irrisolti. Le stragi di Ustica, Bologna, Piazza Fontana e Piazza della Loggia, le stragi di mafia che hanno insanguinato il Paese, e gli omicidi tuttora senza colpevoli, tra cui quelli di Ilaria Alpi e di Giulio Regeni per i quali si attende ancora verità e giustizia. Per il suo impegno con il quale testimonia ancora una volta che per combattere il fenomeno della criminalità organizzata occorre anzitutto rendere conscia la sensibilità collettiva del suo radicamento, della moltitudine delle forme con le quali si manifesta.
Giuseppe Baldessarro, giornalista di razza, e Gaetano Saffioti, imprenditore, sono stati entrambi già vincitori del Premio Borsellino. Nel libro “Questione di rispetto” Baldessarro racconta la storia di imprenditore che per anni ha subito le estorsioni, le umiliazioni e le sopraffazioni dei clan della ’ndrangheta, fino a quando si è ripreso la sua dignità, è diventato testimone di giustizia, ha denunciato, fatto arrestare e condannare alcuni dei boss più pericolosi della piana di Gioia Tauro, perché «la dignità non si compra, si conquista e si difende». Un libro per dimostrare che una imprenditoria sana è possibile. Basta far prevalere il desiderio di essere e restare uomini liberi. Per sostenere che la strada della legalità è l’unica che ci può rendere fieri e orgogliosi.
Carlo Cappello, dirigente scolastico del Liceo Scientifico “Galileo Galilei” di Pescara. Con lui ricordiamo il fondatore e primo presidente del Premio Borsellino, Antonino Caponnetto, e la sua frase più famosa: «L’acerrimo nemico della mafia è la scuola.». E con lui premiamo tutti quegli insegnanti che educano alla cultura della legalità e alla cittadinanza attiva che abitua tutti a respirare il profumo di libertà. Una uomo che si colloca con perfetta coerenza nel nostro progetto culturale educativo, perché nel suo intenso agire quotidiano, intreccia alla competenza i temi della giustizia, dell’integrazione, dunque della legalità dando corpo alla funzione sociale e civile dell’educazione, svolgendo così un importante ruolo di prevenzione e sensibilizzazione della società partendo dai giovani.
Luciano D’Amico, professore ordinario di Economia Aziendale, Rettore dell’Università degli Studi di Teramo, prima in Italia ha istituito il corso di studi universitario “Scuola di legalità” che avrà l’obiettivo di sviluppare percorsi educativi in tema di legalità, impegno sociale e civile, di conoscenza e contrasto alle mafie. La sua direzione dell’Università, senza auto blu e telefonini, si è distinta per la lotta al baronato, ai nullafacenti, alle rendite disposizione, ai protetti dalla politica. E per questo ha subito minacce, ricatti, e intimidazioni da parte dei prezzolati del potere mafioso presente in ogni ambito. Per il suo impegno per far respirare “un fresco profumo di libertà” ha pagato e sta pagando un severo prezzo in termini personali. Testimone di un modo diverso di governare, con la forza delle sue idee porta sempre avanti il suo impegno per i giovani, per costruire un futuro migliore.
Attilio Bolzoni, giornalista de La Repubblica, da più di trent’anni racconta la Sicilia e la mafia. Oltre a numerosi libri di successo, ha scritto la sceneggiatura della miniserie tv “Paolo Borsellino”. É considerato da molti uno dei massimi esperti delle dinamiche delle associazioni mafiose. Come il suo collega e nostro amico Giuseppe D’Avanzo, Premio Borsellino nel 2008, che qui e oggi vogliamo ricordare premiandolo. Crede che solo una informazione non asservita, sia nell’etica del giornalismo sapendo bene che non dovrebbe esserci bisogno di mettere accanto alla parola “informazione” l’aggettivo “libera”. Per i suoi libri e i suoi articoli di denuncia da cui traspare uno straordinario impegno civile che si traduce in una coraggiosa e continua sfida al degrado morale sociale.
Federica Angeli, cronista giudiziaria de La Repubblica, vive sotto scorta dal 2013 a causa delle minacce di morte subite per le sue inchieste sulla malavita del litorale romano. È stata la prima nel 2009 a parlare di “Mafia capitale” quando tutti trascuravano il fenomeno. È di questi giorni la pesante condanna agli esponenti del clan Spada che la minacciavano. Una donna che studia le carte, lavora e si batte per il risveglio delle coscienze. Contro l’atteggiamento mafioso del voltarsi dall’altra parte. La sua figura rappresenta per tutti noi un invito all’impegno civile. Non si tratta di essere eroi, ma di approfondire, di indignarsi e agire nel nostro piccolo. Per il suo impegno e il suo coraggio, per come ha saputo ricercare e denunciare le radici del crimine .
Catello Maresca, magistrato della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, indaga da dieci anni sul clan dei Casalesi. Ha coordinato l’inchiesta “Spartacus” contro il clan Schiavone e la cattura di alcuni dei latitanti più pericolosi d’Italia come Michele Zagaria e Antonio Iovine. Interpretando il bisogno della collettività che sente il bisogno di una società fondata sui più alti valori, a partire dalla giustizia, memore degli insegnamenti di Falcone e Borsellino, senza paura porta avanti una instancabile attività di rappresentante vero dello Stato per l’affermazione della legalità.
Bernardo Petralia, già Procuratore Aggiunto a Palermo, si è occupato di alcune delle inchieste più delicate ed ha assunto, da pochi mesi, la direzione della Procura Generale della Corte d’Appello di Reggio Calabria. Una lunga esperienza di una vita trascorsa a combattere le cosche e la criminalità organizzata. Il suo è anche il nostro concetto di legalità. Una legalità che sta dentro il nome di Paolo Borsellino: non il vuoto legalismo dei benpensanti che condanna i disperati ma è connivente con l’illegalità diffusa, forte con i deboli che chiude gli occhi davanti alle truffe dei potenti. Ispirandosi agli stessi principi e agli stessi valori che hanno animato la vita di Paolo Borsellino.
Marzia Sabella, Procuratore Aggiunto della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo è il magistrato che ha coordinato l’arresto del boss mafioso Bernardo Provenzano. Ci restituisce un ritratto antieroico dei magistrati anche quando vivono eventi straordinari e imparano a ripararsi dalla seduzione degli “abbagli da telecamera sempre accesa”. Perché, l’onore, quello vero, è dato dalla sacralità del Codice e di chi, di quel Codice, difende le ragioni. Ci piace indicarla come testimone positivo. Per aver resistito alle giuste e umane paure e contribuito con la sua tenacia e il suo impegno alla costruzione di una società più giusta, che non accetta trattative con il malaffare. Ispirandosi agli stessi principi e agli stessi valori che hanno animato la vita di Paolo Borsellino.
Antonio Maruccia, Procuratore Generale della Repubblica di Lecce. Già membro della direzione distrettuale antimafia come consulente della Commissione Parlamentare Antimafia è stato estensore di numerose relazioni parlamentari, tra cui quelle sull’omicidio di Peppino Impastato e sui beni confiscati alle mafie. Per il suo grande impegno nell’affermazione dei principi della legalità pensando a lui ci piace ricordare una frase del giudice Livatino: «Alla fine della vita non ci sarà chiesto se siamo stati credenti ma se siamo stati credibili».